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Zia Ripalda

Il prof. Michele Frasca è un preside emerito che da sempre coltiva la passione per la fotografia. Nei decenni l'ha esercitata con costanza, riuscendo, in tal modo, a cesellare il talento che gli era connaturato: ad osservare i suoi lavori c'è soltanto da riconoscere che egli merita a pieno titolo l'appellativo di artista. Come è noto in Italia, a proposito della fotografia, esistono eterogenee scuole di pensiero, ovvero quella che ritiene più importante la macchina fotografica e quella, invece, che centralizza la figura del fotografo. In realtà la verità è nel mezzo e, stante il fatto che senza apparecchiature non si fotografa un bel niente, non di meno a fare la differenza è un quid, una peculiarità del fotografo, al quale ho tentato di offrire connotati precisi identificandolo con l'ibridazione tra sensibilità personale, gusto estetico e visione onirica di chi, quale atto finale di un processo di concettualizzazione psichica prima ancora che mentale, procede a schiacciare il dito sul bottone catturando l'attimo. Per altro verso, da ricercatore quale sono, mi rendo perfettamente conto dell'importanza che la fotografia ha assunto, da oltre un secolo a questa parte, ai fini della conservazione e della ricostruzione storica, perché accanto alla cinematografia, che io considero la sorella minore della fotografia, è il solo strumento in grado di "frodare" il tempo, che altrimenti porterebbe via con sé le immagini del passato "rubandocele" in maniera irreversibile.

E di ciò penso si rendesse perfettamente conto Michele Frasca quando, decenni or sono, decise di cominciare a documentare fotograficamente talune situazioni di vita vissuta e i volti di molti dei suoi concittadini, i lacedoniesi, salvandone, in tal modo, la memoria. Dalla fine degli sessanta in avanti, infatti, egli ha ritratto (e continua a farlo ancora oggi) persone della più svariata sorta, ma tutte care all'intelletto latente collettivo del luogo, anche perché nei paesi non molto grandi finiscono per emergere le peculiarità caratterizzati ogni individuo, al punto che tutti diventano (io compreso, forse!), personaggi, naturalmente nell'accezione positiva del vocabolo. Non per caso, almeno una volta, non c'era chi non portasse metaforicamente appiccicato sulla fronte il proprio nomignolo.

Penso ad esempio a "Zia Ripalda", presso la cui piccola bottega ci sono passati praticamente tutti per comprare semi di zucca o arachidi prima di entrare nel Cinema Argentino.

E penso ai moltissimi i cui volti Michele ha avuto la cura di fermare per sempre su una pellicola fotografica, gli stessi esposti dal giorno 9 del corrente mese di agosto presso il Museo Diocesano "San Gerardo Maiella", lato "Pozzo del Miracolo". Ritengo che Lacedonia debba a Michele, insieme naturalmente ad altri, la salvezza di una memoria storica, quella relativa all'ultimo scorcio del "secolo breve", che va tutelata perchè, soprattutto, non si perda quel senso delle origini che, solo, può restituire coesione ad una società ormai in frantumi in quanto, purtroppo, investita da un movimento di appiattente globalizzazione!

LUPUS IN FABULA consiglia vivamente di visitare l'esposizione de quo!

Rocco Lu Lemm

Rocc Lu Lemm

Ettore

Ettore 

colino sauzicchio

Colìn Sauzicch

 

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Sono gran belle storie, di quelle che ci piace davvero narrare!

Questo è il luminoso sorriso della signora Maria D'Angelo, che proprio oggi raggiunge l'età di 85 anni. Le sofferenze che hanno attraversato la sua vita, ivi compresa la tragica morte per leucemia del suo bambino, avvenuta molti anni or sono, non sono riuscite a spegnerlo, nonostante tutto. Donna d'altri tempi, nell'accezione più nobile del termine, ha sacrificato se stessa a pro della famiglia e dell'alterità per tutta la vita, avendo rinunciato, per tali degnissimi scopi, alla estroflessione dei propri talenti naturali, primo tra i quali quello artistico. Già da piccola aveva dimostrato una singolare predisposizione al disegno, ma erano altri tempi, ben duri, ed ella, come gran parte delle donne della sua generazione, sulla quale gravava il rigore dell'ordinamento sociale patriarcale, non aveva potuto coltivarla. Ma non pertanto si è rassegnata, dimostrando che l'età anagrafica nulla può a fronte della forza d'animo. Alcuni anni or sono, infatti, quando già era in procinto di attraversare la fatidica soglia degli 80 anni, ha deciso di iscriversi alla scuola della straordinaria pittrice Antonella Micocci, nel cui atelier, in breve tempo, è riuscita a sviluppare una creatività straordinaria, accompagnata da una non trascurabile perizia tecnica.

Non manca, in talune opere, un umorismo a tratti esilarante, come nella tela che raffigura una vecchietta in atteggiamento arcigno, evidentemente infastidita dal fatto che il marito stia tentando di vedere quali carte ella abbia in mano. Per taluni versi questa è la metafora più divertente della vita matrimoniale nella quale io mi sia imbattuto di recente. In altre creazioni ci vedo alcun riflessi della sua esistenza, come nel quadro dell'anziana contadina che ha tra le mani un rastrello, a dir che quanti sono nati per il sacrificio difficilmente troveranno riposo. La sua maestra d'arte, la grande Antonella Micocci, mi dice che il suo tratto saliente è in una certa propensione per le atmosfere oscure: non ho motivo di dubitarne, avendo io visto soltanto pochi dei suoi quadri. Ma per quel che mi concerne il suo sorriso basta ad offrire luminosità alla sua intera produzione!

INFINITI AUGURI DA LUPUS IN FABULA, SIGNORA MARIA!

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I prestigiosi locali del MAVI (Museo Antropologico Visivo Irpino) ospiteranno, dal 9 al 16 agosto del corrente anno, la nuova personale del pittore Alessandro Quatrale, avente per tematica e per titolo "Un Paese del Sud". Se, nella fattispecie, egli ritrae ambienti urbani e rurali della sua Lacedonia, non di meno i suoi lavori travalicano abbondantemente i ristretti limiti del localismo, perché i suoi soggetti sono attraversati da profonde risonanze metaforiche che rimandano ad altrettanti sentimenti e stati d'animo. Pur nelle forme e nei cromatismi di un realismo che poco concede ad istanze astrattiste, in omaggio ad una interpretabilità immediata delle opere, la qual cosa le rende gradevoli all'occhio, sarebbe erroneo reputare che esse, in virtù di quanto sopra affermato, non siano veicoli di concetti e di messaggi anche, talvolta, alquanto pregnanti. Nei fatti, ad esempio, è ben raffigurata ed estremamente "eloquente" l'odierna "silente solitudine" di vicoli un tempo risuonanti di chiassose e gioiose voci umane ed animali o di suoni inconfondibili promananti da botteghe artigiane. E, ancora, la veneranda antichità del borgo trova i suoi elementi metaforici nelle donne anziane raffigurate su una panchina o in quelle deambulanti in "lento movimento", con la schiena ricurva sotto il peso degli anni. Se posso usare un ossimoro e ricorrere ad un paradosso apparente, quella di Alessandro Quatrale è una "gioiosa nostalgia", laddove la gioia è espressa dalla luminosità sempre intensa e la nostalgia dagli oggetti raffigurati. 

Personalmente ho apprezzato molto i ritratti di due grandi musicisti di Lacedonia che sono, soprattutto, grandi amici miei: Pasquale Innarella e Rocco Melillo.

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Foto di A. Pignatiello - Vietato l'uso o la riproduzione senza il consenso dell'autore

Il pittore Vincenzo Arpaia, preside emerito, torna nella sua Lacedonia con una stupenda mostra pittorica impreziosita dalle caratteristiche storico-artistiche della scintillante location in cui si tiene l'esposizione: la chiesa di San Filippo Neri.

«I colori del sentimento», questo il titolo scelto per la collezione de quo, parte della quale ha per oggetto proprio il paese, quasi sempre inquadrato nel suo insieme, ovvero visto metaforicamente e materialmente da certa distanza, quella del nostalgico ricordo di quanti furono costretti a lasciarlo in gioventù. Per questo i colori, sapientemente sparsi sulla tela, si fanno quasi evanescenti, mentre le figure trovano epifania in forme direi impressionistiche, non troppo marcate, e per questo molto seducenti. Per altro verso, oggetto precipuo del modus cogitandi artistico di Arpaia è sempre l'ambiente naturale, portatore di un suo linguaggio specifico che si avvale di corde vocali cromatiche sempre mutevoli, perché il guardaroba della natura è ricco di abiti cangianti, essendo essi intrecciati nella luce degli eterogenei momenti del giorno e nel costante alternarsi delle stagioni.

La vernice della mostra è fissata per le ore 18.30 della giornata odierna, martedì 1 agosto 2017, presso la chiesa di San Filippo Neri.

ARPA

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