Non esiste al mondo, io credo, epifania della bestialità più palese della violenza perpetrata sui bambini, sulle persone fragili in generale e sulle donne. Soprattutto gli atti prevaricatori di genere vanno purtroppo ad alimentare una casistica che non soltanto non accenna a diminuire, ma sembra aumentare sempre di più, quasi la civiltà umana stia involvendo in un veloce ritorno alla temperie culturale dei trogloditi: oggi si spazia dalla discriminazione, alla coartazione psicologica, al maltrattamento fisico fino, purtroppo, all’atto estremo del femminicidio, sempre più frequente. La liquefazione dell’ordinamento sociale di carattere patriarcale, accanto ad una sacrosanta emancipazione della donna, portatrice, come la scienza ha ampiamente dimostrato, di potenzialità non affatto inferiori ed anzi di qualità spesso superiori a quelle maschili, in grazia soprattutto dell’attitudine femminile al sacrificio e all’impegno, sembrano aver prodotto in molti soggetti, per ventura nati maschi e mai diventati “uomini”, un crollo degli stereotipi, elevati quasi ad archetipi, che hanno permeato la mentalità sociale per moltissimi secoli, quale, ad esempio, quello relativo ad un presunto diritto al predominio di un genere sull’altro che sarebbe stato statuito dalla natura nel corso dell’evoluzione o dal Creatore, cosa del tutto falsa per quel che concerne, ad esempio, i dettami contenuti nei Vangeli, forse un po’ più vera soltanto nell’ambito di frange estremiste che fraintendono le religioni. Anzi, quel «chi non ha peccato scagli la prima pietra» segna uno spartiacque profondo tra una mentalità retrograda e misogina e quella cristiana, che ha di fatto parificato, venti secoli or sono, entrambi i generi, nelle colpe come nei meriti. È, quella di Gesù Cristo, la prima testimonianza storica veramente pregnante di un intervento diretto, ancorché all’epoca potesse sembrare impopolare, teso a scongiurare la lapidazione di una donna, ovvero a fermare un atto di violenza di genere.
Al di là di ogni speculazione di carattere culturale ritengo che intervenire direttamente in difesa delle donne costituisca un imperativo categorico al quale nessun essere umano degno di essere definito tale può sottrarsi.
Fornire alle vittime di violenza e ai loro bambini un’alternativa abitativa, con assistenza fondata sull’empatia, è forse l’azione più concreta ed efficace che si possa porre in essere per scongiurare esiti tragiche a vicende di matrimoni o unioni infelici perché rovinate dal maschilismo, ancora lungi dall’esser debellato, di retrogradi, ignoranti o anche finti colti, magari affetti da una qualche forma di sociopatia o portatori di sadismo occultato agli occhi del mondo.
Per questo ho accolto con grande favore la notizia che a Lacedonia è stata attivata una casa di accoglienza per donne maltrattate, un rifugio denominato LUNA SMERALDO, che potrà ospitare fino a sei donne con la loro prole infante. L’iniziativa è della cooperativa sociale denominata LA CITTÀ DELLA LUNA, che gode del fattivo appoggio del Consorzio Servizi Sociali “Alta Irpinia” e dell’Amministrazione di Lacedonia.
Due giorni or sono si è dunque tenuto un incontro di presentazione dell’iniziativa, ripreso e trasmesso dalla cooperativa de qua sul proprio account facebook nell’impossibilità di accogliere gente in presenza in virtù delle norme di contrasto alla pandemia da Covid, evento che ha costituito anche inaugurazione e taglio del nastro, sia pure virtuale, della residenza di accoglienza.
Di seguito l’elenco degli intervenuti: il sindaco di Lacedonia Antonio Di Conza, il vescovo della diocesi di Ariano – Lacedonia S. E. Mons. Sergio Melillo, il parroco di Lacedonia don Giuseppe, il presidente del Consorzio Servizi Sociali “Alta Irpinia” e sindaco di Teora Stefano Farina, il maresciallo dei Carabinieri referente provinciale per i femminicidi Francesca Bocchino, il maresciallo dei Carabinieri comandante la stazione di Lacedonia Andrea Casadei, lo psicoterapeuta della Coop. “La Città della Luna” Paolo Landi ed infine la coordinatrice della casa Luna Smeraldo Isabel Cardellicchio.