Nell’anno in corso il clima inclemente ha impedito che la statua della Madonna delle Grazie fosse riportata, come di consueto, nella sua chiesetta in contrada Forna dopo un mese esatto dal suo arrivo in paese. Tale evento è stato procrastinato alla data di oggi, 9 giugno 2019, in corrispondenza con la festività di Pentecoste. Ad accompagnare la veneratissima statua il nuovo parroco, don Giuseppe, con un ricchissimo seguito di fedeli.
Le origini del culto della Madonna delle Grazie, ormai plurisecolare, affondano le radici nella leggenda, più che nella storia. Si narra che un gruppo di pastori transumanti di Montella abbiano trovato in località Forna, in un passato non meglio precisato ma molto lontano, una statua lignea della Madonna e che l’abbiano condotta nel loro paese. Miracolosamente, però, il simulacro sarebbe ritornato nel luogo del ritrovamento. Naturalmente tale narrazione è da considerarsi frutto della fervida fantasia popolare. Nei fatti, di contro, le cronache riportano già intorno al 1500 la presenza, in loco, di un eremo benedettino, del quale però si sono perse le tracce. Facile, dunque, che il culto della Madonna sia stato introdotto dai monaci onde annichilire, una volta per tutte, le usanze pagane relative alla fertilità della terra, retaggio delle antiche credenze di epoca romana.
Sabato 8 giugno 2019, alle ore 17.00, sarà inaugurata la nuova casa municipale di Scampitella nella centrale piazza Giosuè Carducci: un moderno ed efficiente edificio, ben strutturato e tecnologicamente all’avanguardia, realizzato per offrire ai cittadini uffici comunali più funzionali e accoglienti.
Al taglio del nastro seguirà un incontro, nella sala consiliare, cui parteciperanno Antonio Consalvo, Sindaco di Scampitella, Domenico Biancardi, Presidente della Provincia di Avellino, Maria Tirone, Prefetto di Avellino, mons. Sergio Melillo, Vescovo di Ariano Irpino-Lacedonia, don Michele De Vincentis, parroco di Scampitella, oltre che della comunità di Anzano. Contestualmente ci sarà l’apertura, all’interno della sede comunale, della mostra permanente “Testimonianze dal passato: archeologia a Scampitella”, realizzata in collaborazione con la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio per le province di Salerno e Avellino. In esposizione una serie di preziosi oggetti di ornamento personale dell’ultima età del Ferro provenienti dalla località Piano di Contra e recuperati grazie all’impegno decennale sul controllo del territorio del Gruppo Archeologico “Scampitella”: ne parleranno Francesca Casule, Soprintendente SABAP di Salerno e Avellino, Giampiero Galasso, archeologo, Serena Metozzi, restauratore Artes Restauri e servizi per l’arte.
Sarà Monteverde a rappresentare, domani, la nostra regione, la Campania, nella finalissima della competizione televisiva denominata il "Borgo dei Borghi". La trasmissione di RAI 3 svelerà, a partire dalle 21.15, chi si sarà aggiudicata la vittoria sulla scorta delle preferenze acquisite con il televoto. Monteverde va inanellando una serie continua di riconoscimenti, il frutto, evidentemente, di una certosina opera di riqualificazione urbana, ambientale, storica, culturale e di promozione che dura da quasi tre lustri. Queste brevi note vogliono costituire un invito a sostenere il nostro territorio votando, nella speranza che LUPUS IN FABULA possa offrire notizia di un isultato prestigioso.
VOTIAMO IN MASSA!
Quindi domani, 24 novembre, occorre sintonizzare le antenne su RAI 3 e seguire le istruzioni. Una vittoria di Monteverde sarebbe una vittoria per tutta l'Irpinia!
Una tradizione che affonda le sue radici nella metastoria: nessuno può dire quando essa fu introdotta. Ed al contempo un lascito ancora attuale della società contadina alla nostra civiltà. Nei fatti le pietanze tipiche del 2 di novembre, nell'Irpinia orientale, sono tutte a base di ceci, sia che costituiscano il condimento delle "lagane", una sorta di tagliatelle fatte in casa, e sia che si preparino in zuppe o addirittura arrostiti su una piastra collocata sul fuoco del camino (cosa non più usuale, perché con l'innalzamento delle temperature climatiche, di solito, come oggi, a novembre sembra di stare in estate).
Ma, dunque, perché proprio i ceci? Per il semplice fatto che in epoche segnate dalla povertà, neppure poi troppo lontane, i ceci erano i legumi più facilmente reperibili, soprattutto perché in Alta Irpinia abbondavano le coltivazioni.
E proprio ai ceci è connessa una usanza che oggi è scomparsa.
Ogni 2 di novembre moltissimi ragazzi poveri, riuniti in gruppi, giravano di casa in casa recitando una sorta di formula nel vernacolo nostro (che riporto fedelmente): «Ciccj cuott' p' l'an'm r' li muort', ciccj crur' p' l'an'm r' r' criatùr'».
La traduzione italiana del detto lo depriva della sua assonanza: «Ceci cotti per l'anima dei morti, ceci crudi per l'anima delle creature». Si aspettavano che i padroni di casa regalassero loro dei ceci per sfamarsi e poco importava se cotti o crudi, perché la loro fame era certamente di "bocca buona".
La creatività connaturata alla cultura contadina riusciva a trasformare anche un momento triste, quale è la commemorazione annuale dei defunti, in una occasione per saziare l'appetito perenne generato dalla miseria.